La resurrezione

Riprendiamo, in occasione della Pasqua, il nostro discorso sulla veridicità storica dei racconti evangelici in relazione all’evento della resurrezione di Nostro Signor Gesù Cristo. E’ su questo evento infatti che tutto sta o tutto cade per quanto riguarda i fondamenti storici della nostra fede. Teniamo presente che i credenti per duemila anni non hanno mai messo in dubbio la veridicità dei racconti evangelici, tanto meno quelli della Pasqua. Non dimentichiamo, d’altra parte, che San Paolo stesso afferma che “vana è la nostra fede se Cristo non è risorto” confermando così che ci troviamo di fronte all’evento per eccellenza della salvezza.

E’ solo a partire dal 1700 che l’occhiuta esegesi storico critica di derivazione protestante e illuministica ha cercato di demolire la realtà storica di questo evento per farla passare come un mito. Come abbiamo detto in altri articoli su La Fonte, ricorrono periodicamente scoop del giornalismo laicista con la presunzione di poter dire l’ultima parola che smaschererebbe quanto i Vangeli canonici ci dicono su Gesù. In realtà ci troviamo di fronte alle solite patacche che le discipline come la storia del costume o l’archeologia si sono incaricate, già da tempo, di smontare.

Ma veniamo al racconto di quella prima domenica della storia, quando Pietro e Giovanni si trovarono di fronte al sepolcro vuoto. La prima cosa che certa analisi storico critica ha cercato di accreditare è che ci troveremmo di fronte ad un furto di cadavere. Del resto già i sommi sacerdoti del Sinedrio di Israele avevano cercato di diffondere questa voce per negare la realtà del Risorto. Ma, se leggiamo attentamente il racconto di Giovanni nel testo greco, ci sono dei dettagli che escludono il furto di cadavere. Quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro che cosa notano oltre all’assenza del corpo di Gesù? Notano le bende, o meglio le fasce – come traduce il famoso biblista don Antonio Persili - che avvolgevano il lenzuolo attorno al corpo distese per terra e il sudario, piuttosto che piegato, avvolto a parte. In buona sostanza tutto l’armamentario funebre si trovava nella stessa posizione in cui era quando avvolgeva il cadavere, solo che si era afflosciato al suolo. Il furto di cadavere o il risveglio dello stesso in seguito a morte apparente (anche questa ipotesi è stata avanzata da certa critica demolitrice) avrebbero dovuto mostrare un ordine (o un disordine) diverso, invece pare quasi che il cadavere sia stato sfilato senza null’altro toccare. Sono particolari di non poco conto per smontare l’ipotesi del furto di cadavere, ipotesi che deve ben essere stata presente all’evangelista se si è preoccupato di scendere in questi dettagli, i quali consentono all’apostolo, entrato ancora incredulo nel sepolcro, di vedere e credere.

Ernest Rènan, uno dei maggiori critici ottocenteschi dei racconti evangelici, nella sua opera La vita di Gesù, per demolire l’evento della Resurrezione e delle successive apparizioni di Gesù, avanza l’dea che la comunità dei discepoli sia stata vittima di illusioni collettive. Ossia – dice Rènan - era così forte l’attesa del Risorto che i discepoli, nella loro fantasia eccitata, credettero di averlo realmente visto. Se non che, in questo come in tanti altri casi, il Rènan dimostra di non aver letto attentamente i Vangeli. Infatti la comunità dei discepoli, dopo la morte di Gesù Cristo, era tutt’altro che eccitata nell’attesa del Risorto. Semmai il loro stato d’animo era esattamente l’opposto. Anche gli apostoli pensavano che fosse tutto finito e stavano per ritornare alla loro vita quotidiana per niente disposti a credere al primo annuncio delle donne che trovarono il sepolcro vuoto. Per non parlare poi dei due discepoli di Emmaus convinti che ormai fosse inutile attendere il Cristo o di San Tommaso incredulo fino a quando non poté toccare con mano il Risorto in persona. Ma anche quando Gesù appare in riva al lago gli apostoli credono di avere di fronte un fantasma e Gesù deve mangiare il pesce davanti a loro per dimostrare che non è un fantasma. Dopo la sua resurrezione Gesù, a ben guardare, deve sempre fare i conti con un certo scetticismo che continua a serpeggiare tra i suoi. Altro che illusioni di visionari dalla fantasia eccitata!

Queste poche considerazioni di sopra svolte sono tuttavia già sufficienti per farci capire la ragionevolezza dei racconti evangelici. Sul piano storico ci sono insomma buone ragioni per credere che le cose siano effettivamente andate come quei quattro libriccini canonici (e solo quelli), chiamati Vangeli, ci informano. Viceversa, i numerosi studi che hanno profuso fiumi di inchiostro per demolire la veridicità dei fatti narrati sono finiti in gravi contraddizioni o sono stati smentiti dalle discipline sussidiarie della ricerca storica.

Naturalmente non possiamo far dipendere dalla ricerca storica la nostra fede che è innanzitutto incontro con il Risorto, ma siccome ad esserne il fondamento è l’evento della resurrezione, la storia ci può fornire un valido contributo a credere. E’ ragionevole, anche sul piano puramente storico, dar credito a ciò che la fede ci propone attraverso testimonianza degli autori dei Vangeli.

Pietro